Il giorno del bosone-Diario di una giornata in redazione 10 settembre 2008

Non ve n’eravate accorti?  Oggi, o meglio stamattina, era il giorno del bosone di Higgs,la particella  sub atomica mancante, quella che potrebbe spiegare la teoria di tutte le cose, compresa l’esistenza di  Dio, o più semplicemente la nascita dell’universo. Stamattina alle nove nell’anello dell’Large Hadron  Collider a Ginevra, il clima era molto elettrico. Hanno spedito i protoni a velocità da Star trek in un  anello lungo 27 chilometri. E tutti hanno tirato il fiato. Più di uno, ed erano docenti di fisica,  chimica e matematica, ha sollevato perplessità, dichiarando che si sarebbe potuto anche formare un  piccolo buco nero…che avrebbe poi avuto la gentilezza di divorare il mondo che lo aveva generato.  
Staremo a vedere: potrebbe anche trattarsi di un fenomeno di cui all’inizio non ci accorgeremo, ma che  diventerà evidente solo a un certo punto…
Qui le evidenze sono ben altre. Si parla dell’Lhc alla macchinetta del caffè. Ma pur stimolando le  
connessioni tra materia, antimateria, coscienza, dio, il discorso scivola veloce, quanto il cucchiaino  di zucchero.
Il buco nero invece resta. Preciso, evidente, anche se sono stata a casa due giorni in malattia (non,  non era per bigiare, giuro, c’era un problema davvero). Qui  non si batte chiodo.

Ovviamente , visto che ero a casa, ne ho approfittato. Ho provato a proporre una collaborazione a  un’altra testata, nella speranza di scavarmi un piccolo angolo di lavoro. In questo caso si tratta del  settimanale di un prestigioso quotidiano nazionale.
La collaborazione giornalistica ha, come gli articoli, anche lei un titolo. E’: "Ritenta sarai più  
fortunato". Funziona in questo modo. Si deve prima di tutto avere un Contatto preziosissimo. In pratica  bisogna conoscere una persona, oppure conoscere un suo amico, che abbia voglia di presentarti. Per  questo genere di cose credere che servano i curriculum è da demodè. E’ molto più importante frequentare  i luoghi giusti e partecipare alla conferenza stampa (meglio se con cena), all’aperitivo, o fare una puntata in discoteca, quella giusta, dove è possibile scambiare due parole con il Redattore di testata giornalistica. Ovviamente l’abbigliamento deve essere adatto al caso. Attenzione alle differenze tra uomini e donne. Ci sono ma a volte non sono quelle prevedibili.
Una volta stabilito il contatto,lo schiavo (oops scusate volevo dire il giornalista) deve mettersi a  
lavorare.

Evviva. Calma.

Il primo Grande Lavoro è la produzione di proposte e idee. Viene richiesto di sfornarne milioni su milioni. E la probabilità che una di quelle arrivi ad essere accettata, e si  trasformi in una richiesta di articoletto su quel tema, è paragonabile alla probabilità che le  particelle che roteano a velocità folli lungo LHC si scontrino generando un buco nero.
A me però è capitato. E il giorno prima del disastro universale, finalmente una notiziola possa e senza  grandi novità è stata approvata. Capire la logica che fa preferire una o l’altra proposta è  
impossibile. Argomenti sfiziosissimi, mai sentiti prima, vengono liquidati con sufficienza. Mentre a  
volte l’ovvio vince il bingo. Forse sono io che non ho mai capito realmente qual è il vero motore dei  giornali italiani. Una volta che la notizia è stata scelta, in ogni caso starà a me cercare di fare in modo che il lettore  medio non abbia la percezione che sia una polpetta già troppo mangiata. Ma non basta. La notizia passa infatti solo se chi scrive fa anche altro. Siamo nella società dei ruoli misti e intercambiabili  all’infinito no? Dunque il redattore chiede l’articolo, ma lo assoggetta a una condizione: solo se  trovi una bella immagine, e solo se quella immagine è facilmente recuperabile.
Lo so, dunque ho trovato i trucchi: uso le agenzie americane che danno le news con le immagini. Oppure  parto dalle foto e vado a cercare quale notizia potrebbe essergli cucita sopra. Così vado sul sicuro.

Ma ieri, forse perché stavano per spostarsi i confini della conoscenza scientifica, anche quello della  redazione si è spostato. Ed è arrivata la richiesta: l’immagine è gratuita? Mi sono messa  a scrivere  al referente americano, poi ho cercato anche il nome del disegnatore per mandare una mail anche a lui e  chiedere quali diritti erano previsti. Poi mi sono fatta anche io una domanda. Se chiedo io quanto costano le immagini, se poi qualcuno non paga, non è che vengono a domandare a me come mai? Non divento responsabile io del pagamento mancato? Allora ho cancellato le mail. E ho deciso di creare a mia volta un piccolo buco nero: nessuna risposta all’ultima mail del Redattore.
Oggi gli mando la notiziola, la mail del disegnatore, quella del referente.
Che l’energia li divori, tutti.

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La pausa pranzo- Diario di una giornata in redazione 3 settembre 2008

Odio sinceramente la pausa pranzo. Per vari motivi. Non
sopporto i baristi che emettono adrenalina da ogni poro. Io sono in pausa e mi
tocca vedere una specie di trottola che gira davanti a me, fa un orrendo rumore
sbattendo piatti e tazzine perché la velocità non consente atterraggi morbidi,
ti aggredisce chiedendoti cosa vuoi oggi per ingozzarti meglio. Mi da fastidio
persino l’odore del panino sulla piastra. Quella piastra dove si arroventano
pani, verdure, wurstel, cotolette, in un miscuglio di sapori e di oli che come
sappiamo non fa affatto bene alla salute. Risultato: di solito mangio frutta e
pane in ufficio. Questo mio comportamento ha provocato, negli anni, dei
problemi. Sono stata individuata come l’Originale, quella strana, quella che
non segue il rito collettivo. Dunque ogni tanto ora mi sottopongo al Pranzo
Comune, giusto per non essere eiettata del tutto.

Oggi siamo andate a mangiare in tre. Tre colleghe sorridenti
che mangiano insieme al ristorante giapponese dell’angolo. Tra una risatina e
una battuta però non si infilano solo le foglie di insalata o le fetitne di
pesce. Si infilano rapporti di forza, frammenti di discorsi segreti fino a un
certo punto, strategie importantissime ma appena abbozzate, per sottolineare
ancora di più la loro forza.
Se uno è bravo, in questi casi riesce ad apprendere in
un’ora (questo è l’intervallo previsto) tutto quello che non ha capito negli ultimi
sei mesi. Dipende anche da con chi si mangia, ovvio, ma a volte,
sorprendentemente, non sono i potenti a saperla più lunga.
Anzi. Ho visto responsabili di primo e secondo livello fare
la corte alle segretarie, pur di uscire con loro ed estirpare qualche cosa di
utile. Le segretarie sono le uniche a sapere Tutto. I conti, le intenzioni
future. Sono l’anello di congiunzione tra due mondi inconciliabili: quello
degli impiegati della parte amministrativa, quello degli impiegati giornalisti.

I due mondi si odiano. Gli uni pensano che i giornalisti
abbiano un sacco di privilegi e un sacco di boria. Gli altri pensano che i
secondi abbiano un sacco di boria e un sacco di soldi. Lascio a voi la libertà di decidere chi è chi.

Nella pausa pranzo vengono fuori legami apparenti che
sembrano solidissimi per almeno mezz’ora. L’importante è non farsi illusioni,
perchè dopo poco svaniranno come neve al sole. La solidarietà nei confroti di
un collega per esempio. Purtroppo non può essere mai presa sul serio. prova ne
è che appena si è finito di parlare di uno, si inizia a spellarne un altro. E
questo gioco può durare all’infinito, con i ruoli che continuano a
intercambiarsi a seconda delle pause pranzo.

Difficile fare battaglie dunque, perché non saprai mai
quanti e chi saranno da quella parte. E questo appare chiaro a tutti.
Soprattutto all’editore che così si sente rilassato, va a mangiare al
ristorante slow food, e nel frattempo pensa con tutta calma quale sarà la
prossima mossa per creare profitti, senza cambiare i cardinali che li generano,
producendo invece un grande disagio. Ma quello, non lo sapevate? Per ora è
totalmente gratuito.

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Ruoli vacanti-Diario di una giornata in redazione 2 settembre 2008

Non ti lamentare, dicono i conoscenti (non posso chiamarli amici: evidentemente non capiscono). In fondo lavori in un ambiente stimolante, dove puoi scambiare interessanti opinioni. Vorrei che venissero qui in redazione. Vorrei che ci passassero almeno una settimana, o forse di più. La mattina alle nove, quando entriamo, ci si saluta. Poi ciascuno si piazza davanti al computer ha fare chissà quali importantissime cose. Evidentemente non aver niente da fare spinge forzatamente a distrarsi a tutti i costi. Per vedere se sono davvero persone stimolanti provo a commentare una notizia o un evento politico, o il modo con cui il ritorno dell’uragano a New Orleans è stata trattata dai giornali. Le risposte sono evasive, quasi ci fosse ben altro da fare. Al caffè provo a stimolare la discussione su altri problemi, quelli del lavoro. Si parla di contratti a tempo determinato. E dell’ultima stagista che fa un lavoro normale, come quello degli altri, ma viene pagata 500 euro, e il suo "accordo di stage" viene rinnovato di tre mesi in tre mesi. Lei comunque è contenta,perché pensa che un giorno diventerà una grande giornalista. I colleghi bofonchiano, aggrottano le sopracciglia, accennano un mezzo sorriso. Ma non dicono sostanzialmente nulla.
Sorprendentemente arriva il responsabile di primo livello e accenna a un problema importante. Non abbiamo il photo editor e questo è un fatto inammissibile. Ci si può domandare perché arrivi da noi a dire una cosa che dovrebbe lui per primo affrontare. La spiegazione è semplice: i responsabili non si espongono. Fanno in modo che i sottoposti partano con una crociata, facciano la figura dei facinorosi, si scortichino sulle barricate delle rivendicazioni. E in questo modo alla fine il responsabile andrà dall’amministratore delegato a fare un’opra preziosa di mediazione, ad offrire la sua capacità di calmare le acque. E non sarà il photoeditor in questione che otterrà, ma una nuova valutazione positiva da parte dell’azienda.
Decido di far finta di nulla, di indossare il costume da muro di gomma. Sorprendo. Io ero famosa per intraprendere ogni battaglia, soprattutto se legata a ruoli e lavori mancanti. Mi spiace. Sono distratta, devo pensare anche io alla mia carriera futura….

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Cacciatori di teste-Diario di una giornata in redazione 1 settembre 2008

Arriva una comunicazione sulla intranet aziendale: cercano un web developer per uno dei nuovi siti che verranno fatti. Internet è il secondo core business dell’azienda, è stato ripetuto più volte dall’amministratore delegato. Vabbè, il sito per cui lavoravo è stato congelato da un giorno all’altro, e io sono stata spostata di redazione, perché diventata inutile. ma è solo un caso. Loro continuano a pensare alla grande perchè internet è il futuro.
Pensano così alla grande che offrono persino un premio al dipendente che segnala i candidati più promettenti. Insomma, per ingrassare la nostra busta paga, abbiamo la possibilità di trasformarci in cacciatori di teste. Per ogni persona presentata 100 euro (gli dico che se metto in rete questa notizia ne saltano fuori almeno 100 e ci mettiamo d’accordo?). Se poi si ha la fortuna di aver presentato quello giusto, la cifra sale a 500. Bel colpo.
Una azienda dinamica insomma. Da una parte fa in modo che una grafica in maternità venga sostituita con una persona regolarmente assunta a tempo determinato che occupa e scalza il suo posto. Quando tornerà le verrà offerto invece di fare il photo editor. Dall’altra congela un sito da un giorno all’altro semplicemente perché continuando ad applicare le regole dell’economia classica del capitale  al web, non riesce a capire come mai non riesce a guadagnare da questo strano mondo che si chiama internet. Infine continua a regalare lo stipendio a persone che lascia senza lavoro, solo perché spera che i lavoratori seguano regole di mercato totalmente differenti da quelle che vengono applicate al suo interno. Tanto vale dunque trattarli male, tanto nelle altre case editrici ci sono numerosissimi posti disponibili, la mobilità esiste (a differenza della mafia e dell’effetto serra) e basta licenziarsi per togliersi da una situazione scomoda.
Oggi sono un po’ distratta lo ammetto. Il week end di lavoro (altro) è stato bellissimo. Ho prodotto cose belle e interessanti. E le ho ancora nella mente. Ma giuro. Ora mi metto a lavorare. Dopo il caffè, la pausa chiacchierata, i saluti, la telefonata…..

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Diario di una giornata in redazione 29 agosto

Ieri Nicholas Stern ha bucato l’incontro. Sono rimasta in Bocconi fino alle 11 ad ascoltare un economista francese che parlava un inglese incomprensibile. Poi sono tornata in redazione. Ho segnalato alla segretaria che ero tornata. Prima di andare avevo dovuto comunicarle che sarei stata assente per qualche ora. Da noi è così: un orario di lavoro preciso (9-13/14-17.15) e burocrazia precisa per assenze o variazioni di ogni tipo. Quello che è devastante è mettere insieme questa realtà con quello che la gente pensa del tuo lavoro.
Chiunque pensa che un giornalista sia libero da orari e sedie. Abbia il diritto di decidere cosa e come scrivere. Sia insomma un libero professionista con però la sicurezza una ricchissima busta paga, tredicesima e quattordicesima, i cinema gratis e non so cos’altro.
La nostra vita di impiegati ci schiaccia. Ma l’immaginario diffuso schiaccia me ancora di più. E tutte le volte, sia che intervisti qualcuno, sia che parli con un amico, ti tocca smantellare il romanticismo e presentare la desolante realtà. E a me va bene, perché sono qui da un pezzo. Ma se guardiamo la situazione di chi inizia ora, le cose sono molto peggiori, e gli stipendi sono inferiori a quelli di una commessa. Il cinema poi. E i teatri, la benzina, i treni. Vorrei sapere chi ha inventato queste cose, o se in un age d’or del passato ci fossero davvero. E’ tutto falso. Non si può andare con il tesserino del giornalista al cinema a pretendere una poltrona. A meno che tu non sia un figlio della camorra si intende. Il che è sempre possibile.
Passando nei corridoi  mi sono messa addosso il cartellino press e sono andata dal responsabile di primo livello a dire che purtroppo ero andata per nulla. Si è agitato, ha iniziato improvvisamente a trovare modi per dare comunque un senso alla mia uscita. Improvvisamente scrivere qualcosa sull’effetto serra diventa una Urgenza
Insopprimibile. Va bene così. Ho proposto tante volte articoli su argomenti di questo tipo. E non era mai il momento, oppure alla gente non interessavano, oppure ma chi ha detto che l’effetto serra esiste. Prendo l’idea di fare qualcosa sul tema come una piccola vittoria. Devo essere veramente arrivata ai minimi termini.
Nel pomeriggio parte una bella discussione su eros, libertà sessuale, adolescenti, senso della vita e della morte. Questa volta reggo senza fare altre cose, o quasi, perché a parlare siamo solo io e la mia collega. E dopo dieci minuti provo il brivido dell’impiegato: è così che si svolta la giornata, parlando e scambiando opinioni qua e là con gruppi diversi di persone. E questa, tra l’altro, è una attività permessa e incentivata. Mentre chi sta al computer a leggere cose, a consultare siti internet, ad ascoltare chissà cosa, oddio pure ad aprire un altro computer, quello personale, è evidentemente un individuo sospetto. In fondo di nuovo mi sento di non aver capito nulla. Di stare lamentandomi per niente. Qui ho la possibilità di parlare, scambiare idee con altri, liberamente, per tutto il tempo che voglio, a tu per tu e non in chat. Cosa si può volere di più? E’ il mito del pensionato, quello del ragazzotto, quello della mamma che ha accompagnato il bambino a scuola. Il mito del bar. Bar da tresette, bar sport, bar per il caffè. Bar come la tavola rotonda, per i cavalieri moderni.
Nel pomeriggio prendo un importante decisione. Domani, venerdì, prenderò mezza giornata di ferie. Me la merito, con tutta la fatica che faccio.

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Diario di una giornata in redazione 28 agosto 2008

Ieri era mercoledì, un giorno particolare. In mezzo alla
settimana, alla giusta distanza da entrambi i week end. Un momento di grande
attività dunque. Sarà per questo motivo che il Responsabile principale oggi ha
deciso di offrirmi il caffè e di sequestrarmi per un breve intervallo a tu per
tu. In realtà nell’angolo della macchinetta ci sono già altre quattro persone
(poveracci, anche loro hanno i loro ritmi rilassati e devono pure impiegare il
tempo in qualche modo). Entriamo e vedo che il soppracciglio del responsabile
di primo livello si alza leggermente. Mi aspetto dunque grandi discorsi. E
invece no. Si parla di qualcosa che a distanza di qualche ora faccio persino
fatica a ricordare. Doveva essere qualcosa sui luoghi di vacanza, o sugli orari
dei centri commerciali. Amen. Torno al mio desk ma mi accorgo che c’è qualcosa
che non va. IL Sorriso permanente oggi proprio non mi viene. IL Sorriso
permanente è un’arma di difesa infallibile. Permette di indossare una maschera
perfetta, che fa molto piacere a capi e colleghi, ma che consente anche a noi
di continuare ad avere i nostri foschi pensieri senza che nessuno se ne
accorga, si inquieti e reagisca, facendo del male. Berlusconi docet.

Deve essere per questo che il responsabile di primo livello
ritorna alla carica. Evidentemente oggi ha deciso che deve occuparsi dei propri
sottoposti, o forse a bisogno a sua volta di qualche forma di intrattenimento.
Fa partire una discussione su blu ray, dvx, e televisioni. Mi guarda come
interlocutore preferito. Io sono quella tech, l’esperta, la smanettona. Ma gli
rimando uno sguardo vacuo. Un errore. per fortuna non dichiaro, come ho fatto
altre volte, non mi importa nulla di tutto questo e la televisione non la
guardo. MAI. Per punizione probabilmente rischierei di vedermi togliere il
lavoro di segnalazione dei link che mi è stato affidato ieri. Mentre parla,
parla, parla, commetto un altro errore. Essendo stata una bambina iperattiva,
non riesco a fare una cosa alla volta. Se uno apre la bocca per dar fiato ai
denti, mi è inevitabile continuare a dare uno sguardo alla posta, mettere a
posto il tavolo, sfogliare un giornale. Questo se va bene. Se va male invece,
ovvero la discussione si protrae troppo a lungo e non c’è più posta, tavolo,
giornale davanti a me, iniziano ad affollarsi le idee. Spingono, diventano
urgenti, urlano "mettimi giù in qualche forma o scapperò per sempre",
e a quel punto resistere è impossibile. Ma mettersi a scrivere mentre uno parla
è inevitablmente una gran forma di maleducazione. Io sono maleducata, ma di
solito uso altri stili


Nel pomeriggio
guardando le mail scopro che giovedì mattina in Bocconi ci sarà Nicholas Stern,
l’autore del rapporto sul cambiamento climatico del governo inglese. Nella
primavera scorsa ha gettato un sasso nello stagno dimostrando dati alla mano a
tutti i Paesi, Stati Uniti compresi, che non è più pensabile rimandare le
azioni contro l’effetto serra. Vado dal responsabile di primo livello a chidere
il permesso di assentarmi per una mezza mattina. Tutti i giornali ne hanno
parlato. Ma non in Italia. Non avendo mai sentito parlare di Stern, il
responsabile di primo livello resta perplesso. Spiego che non si tratta del
primo scalzacani. Si inventa un modo per rendere produttiva la mia mezza
mattinata passata all’Esterno. Chissà perché proprio quella, visto che delle
giornate trascorse qui dentro non si da alcuna pena. Ma acconsente alla fuga,
chiedendo in cambio un articolo, breve si intende.

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diario di una giornata in readazione -27 agosto 2008

La giornata va in maniera lievemente diversamente dalla precedente. Svolto l’obbligo del caffè sbobba accade che la collega si rivolga al responsabile di secondo livello e gli ponga una domanda imbarazzante: "Senti oggi allora riesci a dirci qualcosa sul prossimo numero?" La risposta è un lungo muggito, seguito da un beh beh. Non riesco a leggere il messaggio, non perché non sia chiaro, ma perché mi si è inceppato il meccanismo dell’interpretazione dei pensieri altrui. Torno a guardare le mail, un’operazione che ha  il potere di un tranquillante. Ieri sera, dopo le cinque, per reazione mi è salita l’anfetamina endogena al cervello, e mi sono messa a fare troppe cose. Devo pure riposare anche io un pochino.

Prima di mezzo giorno però arriva la Grande Sorpresa: una Richiesta di lavoro! Il responsabile di primo livello entra nella stanza parlando con l’altra collega, con la quale sembra abbiafatto una lunga discussione. Si ferma davanti al mio tavolo e mi dice: tu che ci sai fare con internet, te la sentiresti di fare un lavoretto? Mi verrebbe da rispondere che no, non sono sicura di poter affrontare questa sfida, e forse ho anche un po’ di mal di pancia. Inoltre l’idea di lavorare mi mette l’ansia….Ma ovviamente non riesco a fare questa parte. Accetto. Dovrò cercare una ventina di siti internet da segnalare all’interno dei vari capitoletti in cui sono suddivisi gli argomenti della rivista. Chiedo la lista delle testatine al collega di secondo livello. Non me la da subito. prova a fare in modo che me la procuri da me. Ma non ho gli strumenti per farlo, non mi sono stati forniti. 

E’ un Lavoro Davvero Immenso. La maggior parte dei siti che posso segnalare sono nei bookmark del mio pc. Ma il problema è che aprire il proprio pc a lavoro viene visto come una azione di sfida, una palese dimostrazione che si stanno facendo i fatti propri. E, nella mia nuova condizione di impiegato modello, non intendo certo turbare gli equilibri dell’ufficio e dei capi. Mi limito a navigare a ricordo. Pur sapendo che basta che piazzi in google le paroline giuste per averlli tutti, in un lampo, anche nel computer di lavoro. Ma mi distraggo. Il primo sito che guardo mi è sempre piaciuto troppo. Una meravglia che ha un altissimo potere di distrazione. Ho la scusa che devo vedere bene come è fatto, per sincerarmi della sua qualità prima di proporlo ai lettori.

Il pomeriggio passa e trascorre quasi veloce. Ho il diritto di uscire. La mia amichetta che è finita in Cina mi aspetta in chat, devo scrivere il progetto sui rom, mettere a posto il materiale su Chiaiano. Spero di farcela. 

 

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diario di una giornata in redazione – 26 agosto 2008

Ieri, prima giornata in redazione dopo un mese di ferie. Forzate. Un mese preso non per andare in giro a trovare amici o a scoprire vecchie e nuove terre. Un mese per staccare, per ribellarsi a una situazione di lavoro "particolare". Il tempo non ha guarito un bel niente. Il sole e il ritmo estivo neppure. Si torna sapendo che tutto sarà come prima, oppure peggio.

Mi siedo al mio desk. Guardo la posta. In un mese arriva un sacco di spam e di notizie assolutamente interessanti come l’uscita della prossima reflex digitale o l’ultima foto Reuters che mostra l’atleta olimpico con le dita nel naso,  mescolate a tutte le notizie di agenzia, che a guardarle tutte insiemedanno l’impressione che nulla di nuovo sia davvero successo, neppure quando un Paese viene distrutto da una guerra decisa a tavolino.

Ma con questo stratagemma è possibile passare ben un’ora. Anche due se ci si sofferma a leggere qua e là qualcosa. Anche tre, se non si sopprime del tutto l’istinto vitale e si vanno a cercare le origini di alcune informazioni, si controllano diverse fonti, si impara (oddio, ma questa parola non si può proprio pronunciare) qualcosa, non foss’altro si esercita un po’ di inglese o di spagnolo.  Finita l’operazione e-mail arriva il grande momento della pausa caffè. Tocca andare con la collega a bere una orrenda sbobba alla macchinetta, fare due sorrisi, chiedere passando a un altro collega come sono andate le ferie. Mostrare interesse per la sua meta prevedibile e l’organizzazione del suo tempo di relax, assolutamente identica a quellache tiene in ufficio, se si eccettua il fatto che in vacanza si può fare la pennichella pomeridiana.

Arrivano le 11. Ok. E ora? Parte una breve discussione su quanto ha venduto la rivista nell’ultimo mese. E si accenna ai tempi previsti per la lavorazione del prossimo numero. Solo un accenno, mi raccomando.  Non si parla di quello che ci sarà da fare, di cosa potrebbe contenere la rivista, di quali potrebbero essere le nostre prossime tappe. Nulla. Mi metto a leggere il giornale. In fondo i giornalisti hanno anche questo compito. Arrivano le 12,30. E’ quasi arrivata l’ora di pranzo. Si può uscire in cortile a respirare una boccata d’aria, per sottrarsi all’aria condizionata messa a palla, inutilmente, in una giornata in cui fuori ci sono 22 gradi.

ore 13 arriva l’ora di pranzo. Ho un momento di ribellione. Vado al mercato e compero due cassette di lamponi in offerta speciale. Torno e raggiungo gli altri al bar. Insalata, dibattito sulle discipline inutili che compaiono e scompaiono alle olimpiadi, caffè e tutti in ufficio. I lamponi diventano oggetto di discussione perfino tra i signori che ogni giorno, inspiegabilmente, spostano tavoli, scatoloni, bacheche, quadrelle di pavimento per impiegati che lavorano sempre nelle stesse redazioni, negli stessi ruoli, con la stessa noia.

Nel pomeriggio decido di mettermi in posizione di apertura e totale disponibilità a ricevere compiti e stimoli esterni. Non accade nulla. Non devo scrivere neppure una didascalia. Commetto un errore. Mi metto a leggere un articolo sull’aumento dei prezzi dei generi alimentari in relazione ai biocarburanti. Partono le idee, vengono i progetti. E parte il Senso di Colpa. Insomma cosa si vuole di più: uno stipendio assicurato, un computer, una connessione, un telefono a disposizione totale. Potrei fare di tutto: scivere un romanzo, un saggio, articoli, blog. E invece provo disagio. Mi perdo in rete  a cercare altre infomazioni, col risultato che le idee si affollano ancora di più. C’è un mondo pieno di vita là fuori. E la morte qui dentro sembra ancora più assurda.
Guardo gli altri. Uno sta guardando dei video di sport. L’altra passa le ore a telefonare alle amiche raccontando intrighi interessantissimi, degni di un romanzo Harmony, con leggero tocco porno che aumenta il fascino. Insomma l’attività ferve.
Arrivano le 17. 30. Inforco la bicicletta e filo veloce. Anzi ancora più veloce. Nelle strade ancora sgombre della città posso sentire l’aria, annusare il profumo, vedere i colori. Domani, forse, sarà tutto diverso.

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In rete per scioperare

COMUNICATO
DEL COMITATO DI REDAZIONE  G+JM

 

I
giornalisti di Focus, il mensile più diffuso in Italia e a livello europeo,
stanno attuando un pacchetto di sei giorni di sciopero. La protesta è partita
il 3 giugno su mandato di tutti i giornalisti della casa editrice
Gruner+Jahr/Mondori che devolveranno parte delle loro giornate lavorative a
sostegno dei colleghi della testata ammiraglia del gruppo, in sciopero per la
risoluzione dei problemi comuni. Tutte le testate effettueranno anche il blocco
degli straordinari.

I
giornalisti lamentano più di un anno di relazioni aziendali molto difficili,
con diversi attacchi sul piano normativo, a cominciare dai limiti sulle
forfetizzazioni dei  caporedattori,
l’utilizzo improprio di alcuni giornalisti per più testate, casi di
demansionamento e la pretesa dell’ufficio del personale di imporre una
disciplina delle ferie diversa da quella regolata dal contratto e da decreti
legge.
Si lamentano anche la mancata applicazione di una delibera dell’Ordine dei
giornalisti della Lombardia che ha riconosciuto il praticantato a una photo
editor. E troppi casi di mancata informazione preventiva agli organismi
sindacali interni su nuove iniziative editoriali e utilizzo degli organici.

A
fare alzare la conflittualità, il recente rifiuto dell’Azienda di arrivare a un
accordo di intenti sia sugli organici di Focus, dove fra l’altro non si
sostituisce chi viene mandato in altre testate, sia sugli  organici previsti per nuove iniziative
editoriali. L’Azienda motiva tale rifiuto con il calo di vendite in alcuni
segmenti di mercato. I giornalisti rilevano che nel 2007 l’utile netto della
casa editrice è stato pari al 20 per cento del fatturato, e ritengono che un
giusto dimensionamento delle redazioni nei settori più produttivi e nelle nuove
iniziative sia importante non solo per mantenere la qualità, ma anche per la
mobilità interna.

Il
Cdr della G+JM                                     Milano, il
5-6-2008
 

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Chi è ornella?

Ornella Pascera è una "operatrice dell’informazione". Negli ultimi
tempi non c’è definizione più adatta.Una identità multipla e
flessibile, alla quale vengono chiesti i lavori più disparati e che non
corrisponde più a nessuna professionalità precisa.

Che mestiere fa Ornella? Difficile dirlo.

Scrivere, correggere le bozze, controllare e rivedere quello che
scrivono altri, per non parlare delle inchieste o delle ricerche sul
campo, sono lavori che appartengono al passato. Ora se ne sono aggiunti
centinaia d’altri: alimentare e controllare la community del sito web
di un giornale, fare il modo che gli utenti lavorino e producano
contenuti, cercare le fotografie disponibili gratuitamente sul web,
prendere contatti con gli sponsor,  creare il  nuovo giochino
richiesto dai pubblicitari per attirare l’attenzione sul nuovo suv per
giovani……

Ornella non è un tutt’uno. Ornella può assumere mille forme, quelle di
ognuna delle mille persone che fanno il suo stesso lavoro, quelle di
tutti coloro che possono identificarsi con una parte di lei, e
condividerne i problemi. Ornella è un’identità multipla e flessibile,
che può trasformarsi in mille modi.

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