La mafia, su altri media

Frontline è una televisione americana, sezione della Public broadcast service, specializzata in notizie che riguardano la situazione politica internazionale, secondo un approccio che tratta i problemi e le storie che riguardano più da vicino le comunità.
La Pbs è uno dei rari esempi di televisione pubblica della quale si possa condividere il concetto di "pubblica". Nata nel 1969 come corporation che associava diverse tv pubbliche americane, ha sempre puntato sulla qualità del prodotto giornalistico, come forma di distinzione rispetto alle tv commerciali. Lo scopo dichiarato di Pbs è infatti anche quello di fare educazione. E infatti una particolare attenzione è rivolta agli insegnanti, che possono per esempio trovare nel sito internet diversi strumenti utili a presentare gli argomenti sui quali è stato presentato un video, anche sotto altri aspetti.
Grazie a questo approccio, è riuscita a selezione argomenti e persone che riescono a produrre una quantità di materiale interessante sotto molti punti di vista. La qualità tecnica è sempre eccellente, ma passa decisamente in secondo piano rispetto al taglio dei contenuti, che non sono mai banali, o trattati frettolosamente, o per un pubblico da dodicenni, come in vece in Italia ci hanno abituato.
La settimana scorsa hanno dedicato uno speciale alla mafia.
Un argomento non nuovo, ovviamente facile da trovare anche sui media internazionali. Ci si poteva però aspettare la solita puntata "tutti frutti", che analizza la mafia come fenomeno a se stante, che la storicizza, la isola e alla fine la presenta come un oggetto di studio. Invece il <a href =”http://www.pbs.org/frontlineworld/stories/italy801/> video</a> che viene proposto ha tutt’altro spessore.  
Ci si poteva anche aspettare che fosse stato realizzato da un giornalista americano. Invece l’autrice, italiana, è Carola Mamberto. E la mafia viene si presentata come problema, ma accanto alla sua soluzione. ovvero i movimenti "dal basso" che hanno rivendicato la possibilità di fare a meno del pizzo.  
Storie come queste, nei giornali italiani, nelle televisioni italiane, non si vedono mai. Sono storie di cui non si parla sulle pagine di Repubblica, o del Corriere, giornali in cui le mezze pagine vengono invece dedicate al caso della donna che ha avuto otto gemelli. Intendiamoci.

Non che sui giornali mainstream non si parli di mafia.

Quello che manca è piuttosto raccontare  quello che fa la gente, nella vita di tutti i giorni, nei posti
dove vivere normalmente è una avventura, contrapponendolo alle storie che raccontano di avventure di
plastica, create a tavolino per i media, e dunque per la pubblicità.

Quello che manca è sostituire alle grandi notizie, ai grandi film, le piccole prospettive che davvero
spiegano come stanno andando le cose. E che avrebbero un altro interessante e fondamentale effetto: quello di fare in modo che altra gente, in altri posti, abbia voglia di mettersi in contatto, creare reti di
supporto, oppure abbia voglia di imitare l’esempio, o ancora abbia voglia di saperne di più, perché ha
scoperto che la semplificazione toglie la possibilità di scoprire come stanno realmente le cose. Ruolo che
in teoria dovrebbe essere il primo per una televisione pubblica, al servizio dei citttadini.

Quello che manca è lasciar perdere il senso di sorpresa generato dai titoli o dai grandi effetti, per
sostituirlo con la sorpresa che ci sono meccanismi che non si erano capiti fino in fondo, e che ci sono
persone che stanno cercando di smontarli con piccoli gesti.

Il video ha anche un finale che stringe il cuore e mette le lacrime agli occhi, con la vedova di Libero
Grassi che riesce a fare una battuta ironica e riesce ad avere la faccia più bella e serena del mondo. Non
fosse che le lacrime non servono: serve far uscire la rabbia e farla diventare azione e lo splendido
sorriso di chi ha perso tutto e nello stesso tempo ha guadagnato una forza infinita.

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