Elemosina- Diario di una giornata in redazione 12 novembre 2008

Alla centesima mail inviata per proporre idee e competenze,
mi sono improvvisamente sentita come il mendicante che tende la mano, seduto
sui gradini della chiesa. Ritengo la sua posizione molto più onesta della mia.
Dunque perché continuare a mandare missive inutili e non andare invece a
tendere la mano? Potrebbe essere un’azione rivoluzionaria, che smaschera il
gioco, ribalta la situazione, rifiuta gli schemi lavorativi imposti dal capitalismo.
Invece che davanti a una chiesa, potrei andare
davanti alla redazione del Corriere della sera, o di Famiglia Cristiana, oppure
anche a Radio popolare. magari qualcuno se ne potrebbe accorgere, magari
qualcuno potrebbe scattare una foto. Forse qualche giornale potrebbe decidere
perfino di farne una notiziola. Così almeno il mio nome comparirebbe sul
giornale. Se non riesce a esserci come firma di un qualche articolo, almeno
compare come individualità non rimossa.
Mentre inviavo di nuovo le mail alle stesse persone però ho
pensato a una cosa: perché continuare a essere gentili, ossequiosi, speranzosi
che un giorno, forse ma proprio forse, possa maturare qualcosa? Dunque ho messo
una frase di questo tipo: rimando per l’ennesima volta questa mail nella
speranza di ricevere una risposta, come per altro prevederebbe la netiquette.
Conoscendo bene il tipo di lavoro che facciamo e la confusione che regna nelle
redazioni, so che è sempre possibile perdere il centesimo di secondo necessario
a fare un reply dicendo: grazie non mi interessa. E stabilire in questo modo un
rapporto più corretto con chi propone la sua professionalità.
Non si fa, dice la coscienza schiavista di cui siamo
permeati, non si deve, non è conveniente. Conveniente? Tanto quelli on
risponderebbero comunque mai. E mi viene il dubbio che se più persone gli
dicessero cosa pensano davvero di loro, della loro presunta posizione di
potere, del loro modo arrogante di concepire i rapporti imani e di lavoro, forse
alla fine gli verrebbero dei dubbi. E imparerebbero a rispettare minimamente
gli altri. In fondo, grazie ai potenti mezzi tecnici, non ci vuole molto. Il
tempo di infilarsi un dito nel naso, o di grattarsi il ginocchio, o di fumare
l’ennesima sigaretta, una operazione che nell’immaginario romantico del giornalista
ha una grande rilevanza.
Com’è l’immaginario romantico delle persone che lavorano
nelle redazioni? Probabilmente in realtà è molto basso. Probabilmente faticano
anche loro a svoltare la giornata, sepolti da inutili perdite di tempo quali
prendere il caffè con i colleghi, parlare del tempo libero, far vedere che si
appartiene a un mondo che non c’è. In questa grande fatica non c’è tempo per
pensare alle idee, alle cose che avrebbe senso mettere in pagina. Ed è per
questo, forse, che quando un oscuro collaboratore si affaccia non si ha tempo
per rispondergli. Non si capisce neppure la logica di quello che sta facendo.

Ieri per esempio a me in redazione è capitato un
interessante fenomeno. Sto caricando una serie di contenuti per una community
piuttosto animata. A un certo punto uno di questi viene copiato e messo, come
originale, da un utente, che esprime tra l’altro una critica su quello scritto
da me, quasi volesse screditarmi. Chiamo il responsabile di primo livello e
faccio notare la stranezza della cosa: l’utente sembra suggerire che io abbia
copiato il contenuto che ho postato da qualche parte.
Il responsabile di primo livello nicchia e non da importanza
alla cosa. Ma improvvisamente fa attenzione quando io faccio notare che
cliccando l’icona dell’utente si può vedere che si è iscritto alla community lo
stesso giorno in cui io ho iniziato a contribuire alla community. E soprattutto
quando dico che solo noi due sapevamo in quale giorno io avrei iniziato. Scrivo
anche al responsabile del sito internet segnalando la cosa, ma non ricevo
subito una risposta.
Il responsabile di primo livello torna al suo posto. Io
ricarico la pagina e scopro che il post messo dall’utente è scomparso. Che
strano. Non basta. Stamattina il responsabile del sito mi manda una mail in cui
mi dice che l’utente in questione è una vecchia conoscenza. Vecchia? Ma se si
era iscritto da meno di una settimana….

Di questi intrighi e episodi da romanzo giallo di quarta
categoria sono piene le redazioni. Deve essere proprio per questo che nessuno
risponde alle mail dei collaboratori. Davvero, non c’è tempo.

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