Economie – Diario di una giornata in redazione 22 settembre 2008

Migliaia di euro e passa di immagini e articoli da pagare. Un bel regalo. E’ quello che lascia uno dei direttori licenziati in una casa editrice. Sono soldi che devono essere ancora sborsati, una sorta di prenotazione, ma corrispondono all’impegno a saldare il debito in un secondo momento. Sono spese quindi non vengono immediatamente conteggiate nel borderò, il conto della massaia che viene fatto per ogni numero, nel quale vengono sommati tutti i costi precisi del giornale (l’articolo, la notiziola, la foto, il reportage…) che verrà pubblicato quel mese, o quella settimana.
Sono invece spese future, che non appaiono dunque, ma sono molto concrete.
Il meccanismo su cui si è basata questa elegante truffa è molto semplice e fa parte del rituale classico dell’economia di redazione. Il direttore, qualsiasi esso sia, passa la maggior parte del tempo a sfogliare riviste fatte da altri. Generalmente, chissà perché, americane. Poiché i giornali sono fatti soprattutto di immagini, appena vedono qualcosa di decente corrono dal photo editor e impongono di contattare l’autore/l’agenzia che ha fornito la foto, per assicurarsi l’esclusiva per l’Italia. Sanno che altri direttori, nello stesso momento, stanno seguendo lo stesso rituale. E’ una gara a chi arriva prima. E le agenzie, ovviamente, se ne approfittano. Anche perché conoscono bene i loro polli. I direttori hanno amori istantanei e viscerali, non di lunga durata. E molti, dopo la prima smaniosa ansia di arraffare, quando arriva il momento di mettere davvero in pagina il servizio hanno già cambiato idea. Perchè la notizia è possa (nel caso migliore) ma anche perché il colore dominante di quelle foto  non si accosta bene con la pubblicità, o con le altre pagine del giornale.
Il risultato è un sistema economico che asseconda, e sfrutta, questo modo di fare. Le agenzie non fanno pagare tutto il servizio subito, ma si limitano a richiedere un salato diritto di prelazione (che garantisce al giornale di essere il primo a pubblicare quelle foto) e un impegno a pagare in un secondo momento.
Così può capitare che mentre il borderò sia sempre entro i livelli di budget previsti per una certa testata, il direttore nel frattempo accumuli debiti per servizi futuri. Che nel caso venga licenziato non verranno forse mai utilizzati.
Sorge spontanea la domanda: nessuno controlla questo aspetto? Pare di no: i direttori di oggi vengono controllati in tutto per tutto: gli si impone una certa copertina, un certo taglio, un certo servizio, ma per quanto riguarda i conticini gli viene data briglia sciolta. Peccato. Peccato perché invece di impegnarsi con agenzie fotografiche, e con i giornalisti esterni, sarebbe stato più gentile impegnarsi con le redazioni che stavano sotto di loro. Per
esempio pagando gli straordinari. Oppure assumendo (con contratto temporaneo, per carità) la persona in più che era stata richiesta per poter far meglio il giornale. Facciamo i conti. Se il debito lasciato fosse per esempio 100 mila euro, quanti redattori con contratto di tre mesi ci saremmo potuti permettere?
Non solo. Perché ai lavoratori viene chiesto di fare il conto di temperini e matite, o di spendere 10 euro per cenare quando sono in giro per lavoro?
Vado a casa a farmi una pizza. Io tengo tutti gli scontrini e so qual è la farina più conveniente, il lievito lo produco da sola con il metodo della pasta acida. E il pomodoro l’ho coltivato sul balcone. E posso solo sperare che il direttore in questione abbia ora del tempo per dedicarsi anche l*i a queste attività.

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