I giornali vanno a fondo? Diario di una giornata in redazione- 15 settembre 2008

Sono distratta, lo ammetto. L’idea della fuga mi è entrata nel cervello  più o meno due settimane fa.
Un po’ troppo presto, visto che le vacanze forzate mi hanno riportato in redazione da meno di un mese.
Ma raggiungere una mia amica in Cina mi sembra adesso l’unica cosa che abbia un senso compiuto. Il
tempo che dovrebbe mancare alla partenza (forse venti giorni), in ogni caso sembra una eternità.  Siamo
al punto che la mattina, quando inforco la bicicletta per andare a lavorare, mi viene la nausea. E non
serve fermarsi lungo la strada a bere il caffè. Semmai è più utile fare qualcosa nelle prime ore della
giornata. Oggi per esempio ho stirato un monte di roba. E questo ha alleviato la fatica. Stirare, come
andare in bicicletta, è una attività che si può praticare alla velocità che si vuole. Si può essere
lentissimi, e pensare con calma, oppure si può filare veloci, con il cervello che scandisce un ritmo
martellante e un po’ aggressivo.  
La sensazione di sospensione, ho scoperto in questi giorni, è comunque condivisa da molti. Dopo gli
ultimi interventi del direttore del personale, che ha spostato persone da qui a lì, che ha negato il
riconoscimento di ruolo a persone che avevano quella funzione da anni, che ha soprattutto interpretato
la sgradevole parte del grande burattinaio, e che, dopo uno sciopero particolarmente ben riuscito, ha
ordinato ai direttori di organizzare riunioni in ogni redazione per spiegare perché eravamo stati
bambini cattivi e quanto pericoloso fosse questo comportamento per la nostra casa editrice (dunque per
il nostro posto di lavoro), tutti si domandano cos’altro possa accadere.
E’ ridicolo, ma io, quello che trovo di insopportabile, non è l’atteggiamento di potere esercitato dai
dirigenti. Ma l’esercizio del fantastico e sfolgorante sorriso a piena dentatura, praticato da chi
governa gli schiavi. Forse qualcuno dovrebbe spiegare a tutti che nel mondo animale nessuno si sogna di
mettere i denti in bella vista, in nessuna forma: è atto brutale di aggressione, una minaccia
esplicita. E sarebbe il caso che anche noi imparassimo a interpretarlo in questo modo.  
Io preferisco rispondere con il sorriso della mente. Quando il business manager che fa i conti della testata in cui ho lavorato fino a poco tempo fa è arrivato a spiegare la Tragica Situazione, e a dirci quanto Incoscienti e Folli siamo a scioperare, ho fatto notare che poteva anche darsi che la casa editrice avesse avuto un danno economico. Ma visto che ha i bilanci in attivo e non può permettersi di licenziare nessuno, noi lavoratori non possiamo proprio aver paura di perdere il posto di lavoro da un giorno all’altro. Noi ci preoccupiamo piuttosto di quello che accadrà a lungo termine, nostro e di chi viene assunto via via con periodi di tempo sempre più brevi, visto che le strategie aziendali non si profilano neppure all’orizzonte. Mai. Alla domanda: come pensate di risolvere l’attuale crisi editoriale? La risposta che si ottiene è sempre la stessa: siamo in un brutto periodo, ma passerà. La pubblicità, come nei mitici anni ottanta, tornerà a risplendere nelle pagine dei giornali, e a riattivare il torrente dei soldi.
Forse sono sordi, o forse non leggono i giornali perché sono troppo impegnati. Sembra che non abbiano letto neppure i testi dei discorsi di Rupert Murdoch, il magnate dell’editoria americana, che da anni continua a ripetere che prima le televisioni, poi Internet, hanno cambiato completamente il quadro. E nel futuro questo problema sarà sempre più evidente, se non si cambieranno i presupposti dell’informazione.
Come sappiamo a questo punto molti hanno visioni divergenti. Murdoch ovviamente pensa a come creare nuovi monopoli. Questa rete, altre reti hanno dimostrato che ci sono altre alternative. Gli editori di carta italiani invece sono monolitici, duri e puri. Non cambiano idea. Come il vecchio contadino, rimangono saldamente attaccati alle loro radici, anche se sono marce. Pensano che l’importante sia resistere nel momento difficile, per poter tornare a fare come sempre tra poco, quando, hanno il coraggio di dichiarare, l’economia ripartirà e gli investitori pubblicitari si faranno di nuovo sentire. Ho commesso l’errore, all’ultima riunione, di far notare che erano stati recentemente pubblicati i dati della Nielsen Media Research che rivelano che la pubblicità è salita dell’ 1,2% nella tv e del 3% nella stampa, mentre internet registra il record del più 42,7%. Los guardo è stato chiaro: a volte è meglio tacere. E ho dovuto lasciare la stanza pensando se la mafia, l’effetto serra e persino la Cina, esistano oppure no.

This entry was posted in periodici. Bookmark the permalink.