Pipistrelli – Diario di una giornata in redazione 14 ottobre 2008

Eccoci qui. Siamo in cinque in attesa in un elegante
salottino che si raggiunge percorrendo tutto il garden center, infilandosi in
un corridoio, facendosi aprire con il citofono una porta anonima di colore
marrone (ma quando chiedo indicazioni a cassiere e commessi molti dicono che è
bianca). Ho passato la prima selezione. Evidentemente le mie risposte al
questionario sono state convincenti. Ma forse anche no, vista la quantità di
gente che si alterna nel corso delle ore che rimarrò qui ad aspettare. I cinque
iniziali infatti diventano molti di più se conto tutte le persone che vedo
sfilare nel tempo che trascorro qui. In realtà per il mio primo colloquio non
devo aspettare molto: giusto il tempo di dare uno sguardo agli altri, vedere
come sono vestiti, che età anno e immaginare per quale ruolo si stanno
candidando. L’atmosfera è abbastanza fredda e non succede nulla. Arriva una
ragazza con in mano un blocco. Sopra ci sono segnati tutti i nostri nomi. la
ragazza ha un aspetto normale. Ma si comporta come un robot. Il collo e la
parte alta della schiena sono rigidi e parla a macchinetta. Fa l’appello. E
scompare di nuovo. Apparirà e scomparirà più volte, recitando il suo elenco, secondo
un copione che, se fosse stato scritto per una piece teatrale, sarebbe
perfetto: lei è il tormentone, il pezzo forte di ogni commedia satirica.

Finalmente fanno il mio nome e mi indicano una porta a vetri
in fondo al corridoio. Mi preparo mentalmente. Mi accoglie una ragazza molto
gentile che mi fa subito mille domande, visto che evidentemente sono un caso
particolare. E’ sua l’idea di propormi non per mettere a posto i fiori o le
piante in serra, ma per un ben meglio pagato (1.100 euro al mese) impiego in
ufficio. Le rispondo che non mi interessa, ma mi solletica dicendo che si
tratterebbe dell’ufficio vendite. Chiedo dettagli e, secondo lei, dovrei vedere
le partite di piante da acquistare e scegliere quello che poi andrà messo negli
scaffali. Non è male penso. E accetto la proposta di propormi per questo ruolo
(mica il lavoro: siamo ancora ben lontani). Le sono piaciuta così tanto che
addirittura decide di farmi saltare un passaggio e farmi fare oggi stesso il
secondo colloquio, questa volta con il direttore del personale. Accetto: l’idea
di risparmiare un viaggio in tangenziale ovviamente non può farmi che piacere.
Ritorno in sala d’aspetto. I divani sono di midollino e i cuscini sono bianchi.
Un aspetto da upper class che stona, visto che siamo tutti qui a cercare di
raccattare lavori come pulire le gabbie dell’area zoo, sistemare i vasi,
comporre i fiori nei vasi. Tra di noi si nascondono anche quelli che faranno
parte dell’ufficio contabilità, dunque forse hanno una diversa necessità di
trattamento. Uno è seduto di fronte a me. E’ un signore non giovane, con un
completo color cachi, la camicia stirata e la cravatta. Evidentemente è qui con
speranze diverse rispetto al ragazzo che gli è accanto: felpa bianca (ben
stirata anche quella), jeans e una piccola cresta che tradisce il suo tempo
libero. Il ragazzo infatti dichiara: sono disposto a fare tutto, ma tenere i
serpenti mi preoccupa un pochino. E da lì parte un inizio di discussione,
quella che si impone tra persone che condividono lo stesso spazio per un po’, a
meno che non siano dei pezzi di plastica. Per fortuna non lo sono. Si parla del
pipistrello della frutta esposto al piano di sotto. Se ne sta sotto a un sacco
nero e Viene venduto a 100 euro. Mi piacerebbe mettermi davanti alla gabbia
fino a quando arriva il potenziale cliente. Per vedere che faccia ha. Ma sono
qui per altri motivi. Almeno apparentemente. Non riesco a sottrarmi infatti a
una proposta di discussione che parte di sottecchi, senza che quasi nessuno se
ne accorga, e che porterà lontano. Tu a che colloquio sei? C ‘è chi al primo,
chi è al secondo. Ma una donna rivela di essere già al quarto e di essere ormai
stanca di aspettare se verrà presa o no. Persone nuove continuano a entrare nel
salottino, man mano che gli altri se ne vanno e raccontano anche loro gli
infiniti appuntamenti a cui si stanno sottoponendo. Ora  non c’è più posto per sedersi in modo
composto. E il disordine, si sa, è sempre prolifico. In questo clima sempre più
rilassato si parla di precariato, e del mercato del lavoro. Mi verrebbe dire
mercato della carne. Il ragazzo con la felpa bianca rivela di aver lavorato per
due anni per un’azienda. e quando dovevano assumerlo gli hanno detto che gli
ordini erano diminuiti e non c’era più nulla da fare. Altre ragazze raccontano
la lunga serie di contratti brevi che hanno fatto. Ma lo fanno con un sorriso,
come se si trattasse di un gioco. Beh, dico io, a giudicare dalla quantità di
gente che stanno chiamando qui, forse  abbiamo finalmente messo le mani in una buona
situazione. Una situazione fertile, in espansione. Saranno pure contratti a
tempo determinato. Ma qui il lavoro pare esserci davvero. Il ragazzo che abita
qui vicino conferma: si, da ottobre a natale c’è un via vai continuo di
clienti. Che diventa folla da pugni al sabato e domenica. Una piccola pausa di
silenzio. Poi a me sorge spontanea la domanda: dunque forse noi siamo qui ora
per lavorare solo fino a Natale? La risposta non arriva. Nessuno la può avere.
Nessuno la vuole. Però da quel momento tutte le volte che qualcuno esce dalla
stanza e infila la porta d’uscita, oltre a salutare dice anche la parola:
auguri. Chissà se intende quelli per le feste.

Dopo due ore arriva finalmente il mio turno per il secondo
colloquio. Entro e c’è esattamente la persona che ti aspettavi di trovare.
Uomo, mezza età, occhiali, aria anonima. Mi fa sedere e una delle prime domande
che mi fa è quella più importante: sa usare excel? Un turbine mi si scatena nel
cervello: excel lo odio quasi quanto power point. E poi in realtà io uso
gnumeric. Il problema però non è il software, ma la filosofia. I fogli di
calcolo rappresentano per me l’essenza della burocrazia. della mancanza di
flessibilità. dell’inutilità dell’interpretazione, e dunque dell’intelligenza.
Rispondo che ovviamente so usare excel, ma commetto l’errore
di chiedere se è così fondamentale, visto che se non sbaglio mi stanno
proponendo per l’ufficio acquisti. dunque sottolineo le mie competenze in fatto
di piante: conosco i nomi, le so riconoscere, so capire quando sono
ammalate….

Il burocrate mi guarda, come se stessi parlando di mal di
pancia, con uno sguardo annoiato. Risponde un lapidario: excel è la base
dell’organizzazione dell’ufficio acquisti. E aggiunge: dunque se lei non si
trova bene con excel, io le consiglierei un altro ruolo. E scrive in
stampatello, in grande SERRA sulla mia domanda. Non so se ringraziarlo oppure
no. In realtà si, ma temo che questo voglia dire che in ogni caso non sono
interessante per loro. Non mi chiede infatti più niente: non mi chiede se so
trapiantare, se so smanetttare con il mist, l’apparecchio che controlla l’umidità
della serra, se conosco i diversi tipi di substrato. Non voglio proprio
mettermelo in testa. A nessuno interessa la competenza dei lavoratori. Nè
quando fanno gli operai, nè quando fanno gli impiegati. D’altra parte era
scritto ben chiaro anche sui cartelli di ricerca lavoro che ho visto
all’ingresso del garden center: è richiesta passione, ma non competenze
specifiche. Il lavoratore ideale, a qualsiasi livello sia, non deve sapere.
Deve essere solo disponibile. Il lavoratore ideale è colui che fa senza porsi
domande. Ha imparato dalla mamma a essere un bravo bambino ubbidiente. Se
occupa tutto il giorno il suo cervello con altri pensieri, va bene. Ma se non
li ha del tutto è ancora meglio.
Provo a sottolineare ancora l’importanza di vendere bene una
pianta accompagnandola con informazioni accurate, che ne sottolineino l’unicità
e le caratteristiche. Ma mi sto scavando la fossa. Dunque saluto, arrivederci.

Passo a vedere il pipistrello. E’ sotto al sacco, ma è
sveglio. Si accorge di me. Entra in vibrazione, ma è tranquillo e attento.
Scambio onde cerebrali. Siamo in gabbia entrambi. Abbiamo cibo, salute e
qualcuno si occupa di noi. Ma non possiamo certo volare. Non si fa.  A me tornava fosse vietato vendere questo tipo
di animali. Ma quando torno a casa, e chiamo la forestale, mi rivelano che
conoscono bene quel garden center e che è tutto regolare.

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